Un iPhone a zonzo

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Simone Brambilla, Arianna Giorgi, Gloria Tamburini - "Annessi, connessi, sconnessi" - Riss(e). Angelo Barone, Giovanni Frangi "Compagni, compagni" - Surplace. Valentina Bobbo - "Raccontami: l'ora dell'oro" - Anonimakunsthalle. 11/05"025 - 11/07//2025.

Simone Brambilla, Arianna Giorgi, Gloria Tamburini - "Annessi, connessi, sconnessi" - Riss(e).
A suggerire questa mostra è il bisogno di tessere dei fili in un universo che ci appare sempre più senza fili nella sua incessante vaporosità. Il presente infatti è, e non solo nello specifico dell’arte, avvolto in un’immaterialità gassosa che ci impone di ripensare il concetto stesso di struttura fuori dalle certezze -e dalle incertezze- a cui il secolo passato ci aveva abituato. Se di struttura si può parlare in un tempo ormai post-rizomatico essa è all’insegna di una costante mutabilità dovuta alla sua natura puramente relazionale. I legami tra le “cose” si formano e si disfano in continuazione al punto che le “cose” stesse si identificano con l’impermanenza dei loro legami. A questo si deve il senso di smarrimento e la difficoltà di trovare dei punti di orientamento, anche nell’arte dove una ipotetica cosmologia si scontra con l’irredimibilità di un apparente disordine.
Il bisogno di una narrazione è dunque il bisogno di una ricerca di senso, uno stimolo epistemologico pur nella piena consapevolezza non solo della sua parzialità ma anche della sua probabile arbitrarietà.
Con questo spirito Annessi, connessi, sconnessi prova ad avvicinare due generazioni, l’una quella di Arianna Giorgi e l’altra quella di Gloria Tamborini e Simone Brambilla, divise da culture e esiti formali sicuramente lontani tra loro; nel contempo si cimenta nel tentativo azzardato di tirare dei fili sotto le diversità. Entro gradi variabili di affinità appaiono rimbalzi e ricorrenze di materiali e di modalità e in controluce un focus rinvenibile in una sorta di concezione “germinale” dell’opera, come se essa fosse un naturale fatto della vita. Com’è noto si tratta di un tema le cui radici pescano lontano nel tempo, nella seconda metà del secolo scorso, e dunque chiamano in causa una terza generazione, che più o meno direttamente e più o meno suo malgrado ha svolto una funzione magistrale. Ogni germinazione presuppone dei semi e immaginare il loro ricadere nel tempo e nello spazio è un modo per raccontare una storia, con le verità delle storie, non necessariamente corrispondente alla verità dei fatti, ma in quanto narrazioni le storie danno corpo alla parola e costituiscono quantomeno una risposta all’afonia di un contemporaneo acronico.
Ermanno Cristini