Il pittore e la modella, 2017

Una mostra a tema
Contenuto
"Il Pittore e la modella. Il rumore dello sguardo o il corpo che guarda", sviluppa l’esperienza di un gruppo di artisti italiani (Ermanno Cristini, Luca Scarabelli, Cesare Biratoni, Armida Gandini, Federica Pamio) che nel 2016 hanno partecipato a una residenza ad Aveiro, in Portogallo, su iniziativa di un gruppo di artisti portoghesi che lavorano prevalentemente con la pittura. E’ stato in seguito a una conversazione tra Ermanno Cristini e Simona Squadrito che l’esperienza portoghese ha centrato l’attenzione su una pratica, quella del ritratto, apparentemente poco attuale.
35 artisti indagano uno dei territori più esplorati del fare artistico.
Ciascuno di essi lo interpreta con il linguaggio che gli è proprio, partecipando a un’esperienza di mostra-laboratorio in uno spazio libero di confronto e di discussione. La mostra si articola su tre piani nei vasti spazi di Assab One con dipinti, disegni, fotografie, video, installazioni, lavori acustici e performance e prevede un calendario di incontri correlati all’esposizione che saranno segnalati durante e nei giorni successivi l’inaugurazione.
Il pittore e la modella sviluppa l’esperienza di un gruppo di artisti italiani (Ermanno Cristini, Luca Scarabelli, Cesare Biratoni, Armida Gandini, Federica Pamio) che l’anno scorso hanno partecipato a una residenza ad Aveiro, in Portogallo, su iniziativa di un gruppo di artisti portoghesi che lavorano prevalentemente con la pittura. E’ stato in seguito a una conversazione tra Ermanno Cristini e Simona Squadrito, giovane critica milanese con esperienza anche di modella, che l’esperienza portoghese ha centrato l’attenzione su una pratica, quella del ritratto, apparentemente poco attuale.
Gli incontri preliminari ad Assab One con Luca Pancrazzi, Marta Dell’Angelo e Elena Quarestani, la rara disponibilità di spazi vasti e articolati, la libertà consentita dal particolare contesto hanno aperto la possibilità di ampliare il campo di riflessione a una grande varietà di pratiche artistiche e di estendere l’invito ai numerosi artisti che partecipano alla mostra, facendone un lavoro corale che resterà aperto a successivi interventi.
Gli artisti
Pedro Andrare, Simona Barbera, Cesare Biratoni, Vincenzo Cabiati, Gianluca Codeghini, Ermanno Cristini, Leonel Cunha, Mario Dellavedova, Marta Dell’Angelo, Flavio de Marco, Alessio de Girolamo (collaborazione di Elisa Mossa), Gabriele Di Matteo, Ivana Fall, Matteo Fato, Joao Fonte, Pino Guidolotti, Armida Gandini, Giovanni Hanninen, Sebastiano Impellizzeri, Francesco Lauretta, Jorge Leal, Corrado Levi, Andrea Mastrovito, Concetta Modica, Angelo Mosca, Giancarlo Norese, Federica Pamio, Luca Pancrazzi, Giustina Pancrazzi, Pedro Pascoinho, Stefano Peroli, Steve Piccolo, Federico Pietrella, Luca Scarabelli, Carlos Seabra.
... o il rumore dello sguardo, di Ermanno Cristini
“Scorgete qualcosa?”, chiese Poussin a Porbus.
“No. E voi?”
“Nulla”
Così Balzac ne Il capolavoro sconosciuto, quasi a conferma delle parole di Celan, per il quale “dice verità chi dice ombra”. Il pittore e la modella è un topos del fare artistico; la sua verità sta nella vertigine di un corpo, quello della modella, che incontra un altro corpo, quello del pittore.
Una “catastrofe”, quella della pittura, che si consuma in un corpo a corpo nel quale i soggetti mutano di continuo. Un dialogo metamorfico e inafferrabile, insomma, che non può che risolversi nel guardare ad occhi chiusi per vedere, con Bataille, ciò che eccede la possibilità di vedere.
Così, ad ispirare questa mostra è la ricerca di “quell’altra” nudità che sta sempre oltre ogni nudità; una dimensione quasi segreta, una questione di bordi porosi e sfuocati, di limiti fraintesi, percorsi in un dialogo tra artisti impegnati a incrociare i propri sguardi attorno alla domanda: il corpo? Dov’è il corpo?
In origine v’è una residenza/mostra realizzata lo scorso anno ad Aveiro, in Portogallo, su invito di un gruppo di artisti portoghesi e per iniziativa mia, di Cesare Biratoni e di Luca Scarabelli.
A seguito di qualche conversazione che ho avuto con Simona Squadrito, un giovane critico milanese con esperienza anche di modella vivente, la mostra portoghese ha voluto affrontare un topos della pittura concentrando l’attenzione prevalentemente sulla natura “relazionale” che esso implica.
L’attuale progetto milanese, sviluppato in collaborazione con Marta Dell’Angelo, Luca Pancrazzi e Elena Quarestani ripropone il nucleo della mostra portoghese ma lo amplia con l’intervento di altri artisti e con l’intenzione di “problematizzare” il tema, irraggiando visioni e questioni in esso contenute, fino a toccare quegli aspetti, come il suono, apparentemente lontani dalla “scena” del ritratto. Il ritrovare in un’esperienza eminentemente visiva anche un’essenza sonora significa indagare il fruscio della pittura quando il corpo diventa immagine o più in generale scandagliare il rumore dello sguardo, forse perché in questa “paralisi temporanea” del vedere può manifestarsi il tocco, espressione del corpo a corpo e condizione del corpo dell’immagine in quanto rivelazione della nudità.
Vuoi bere dell'acqua prima di iniziare, di Simona Squadrito
Affinché si crei un mondo bastano pochi elementi: una sedia, una tela, un pittore e una modella.
“Come mi devo mettere? “ Era sempre questa la domanda iniziale. Un “siediti” secco era la risposta. Dopo poche battute cessi di essere amica, compagna, critica, sconosciuta. Diventi modella: un corpo in uno spazio, un oggetto complicato che parla, si muove, si annoia.
Si percepisce subito quando il piano della relazione si stravolge: il pittore cambia voce – diventa severa. Le parole cessano immediatamente d’avere una loro funzione – diventano ingombranti.La modella capisce presto che non può più aggiungere elementi. Il pittore cambia la sua voce – smette di parlare.
Le frasi si riducono a monosillabi: sì, no; diventano grugniti. Le domande cessano d’esistere.
Il pittore cambia lo sguardo: gli occhi si fanno opachi, si stringono – la distanza aumenta. La tela è in posizione, bianca. Al lato una tavola di legno incrostata di olio.
Il pittore vuole il suo oggetto, frontale – anche durante la preparazione.
La modella scompare, eppure è costretta a rimanere appoggiata alla sedia.
I gesti del pittore sono uguali, c’è sempre lo stesso rituale da seguire. Il tempo passa e ancora la tela rimane lì, tra loro – bianchissima.
Prima ancora che tutto abbia inizio, arriva la stanchezza: la modella si annoia.Distratta, si guarda in giro, cambia posizione, alza gli occhi.
«Rimani così, non ti muovere», le secche parole irrompono nella stanza, gli sguardi si incrociano.
Lo sguardo del pittore è sempre più lontano. Il pittore si fa estraneo, sfugge ai sorrisi della modella. Il pittore non vuole essere trovato.
Arriva il silenzio.
Il pittore, seduto, avvicina la sedia alla tela. La sedia sembra sempre sull’orlo di distruggersi.
Fa sempre lo stesso rumore stridulo.
Il pittore respira, guarda la modella. Il suo sguardo sembra oltrepassarla, eppure è proprio addosso a quel corpo. Il corpo della modella cessa di essere un corpo privato, un corpo-vita e si consegna al regno degli oggetti.
Il silenzio viene rotto, “Vuoi bere dell’acqua prima di iniziare?”. Il pittore cambia voce – diventa dolce. La quiete prima della tempesta.
Bisognerebbe rispondere di no: “No. Non voglio l’acqua, sto bene così”. e invece la modella risponde di sì. Sa perfettamente che non sarà facile, capisce perfettamente di trovarsi di fronte a un belva. “Sì, grazie”.
Il pittore cambia sguardo – ritorna severo, non aveva previsto l’imprevisto.
“Resta ferma, vado io”. La sedia si sposta, il rumore è più stridulo di prima.
La modella beve, e il pittore guarda impaziente il bicchiere svuotarsi.
La tela incomincia a raccogliere i segni, eppure, in contro luce, la modella non vede ancora comparire il suo corpo oggetto.
Lo spazio è il principio.
Il corpo verrà dopo, eppure già pesa la sua futura presenza all’interno della tela.
Lo spazio è tutto, è ciò che circonda il corpo, è ciò che gli dà peso.
Tutto quello che conosco della pittura ha questo principio.
Il mio sguardo, rivolto al dietro della tela, i segni che riempiono la superficie visti in contro luce, al rovescio. La tela che si fa scura, impenetrabile. Il silenzio che fa da cassa di risonanza al pennello.
Tutto quello che so sul segno ha questo principio. I segni sono prima di tutto dei suoni.
L'enigma della rappresentazione, di Rossella Moratto
Nel 1914 Picasso dipinge un quadro intitolato Il pittore e la modella. Su questo tema, tra i più frequentati nella storia dell’arte occidentale dal Rinascimento in avanti, ne realizzerà molti altri, oltre a numerosi disegni e incisioni. La tela del 1914 è un’opera figurativa, non finita: il pittore è lasciato a uno stadio di abbozzo mentre la modella, parte del quadro sul cavalletto alle sue spalle e della parete dello studio sulla quale il nudo si staglia, sono conclusi. Il pittore, la testa appoggiata a una mano, è assorto, seduto davanti alla tela e al cavalletto, mentre la modella è in piedi al centro della composizione, avvolta da un lenzuolo che lascia vedere la sua nudità; sulla destra un tavolo con un piatto di frutta, anch’essi solo disegnate.
A differenza di altre versioni, gli strumenti di lavoro – tela e cavalletto – sono in secondo piano: l’atto del dipingere, di cui questo topos è la raffigurazione simbolica qui non è centrale. Lo sono invece l’uomo e soprattutto la donna, a sottolineare la loro relazione concreta e quotidiana di amore e di sessualità. La modella, musa la cui identità reale non è importante al fine della creazione alla quale è totalmente subordinata, è nella vita una donna – amante, moglie, figlia, madre, sorella, prostituta e perfino, anche se raramente, una collega artista. La sua è una natura duplice: corpo vivente e corpo che si fa oggetto e si rivela idealmente sulla tela e nella materia.
Oltre al luogo comune che vede la relazione tra artista e modella come autoritaria – al punto da sconfinare nel sadismo da parte del pittore-Narciso spinto dal desiderio di rispecchiare se stesso nella sua opera e autorizzato a manipolare quel corpo, perfino a deformarlo – c’è un una dinamica complessa e altalenante: la modella è l’alterità necessaria all’opera, si impone come presenza, diventando protagonista e icona eternata. Alterità complice che può però diventare pericolosa acquisendo, in un rovesciamento dei ruoli, una posizione dominante, come raccontano i fratelli Goncourt nel loro celebre romanzo Manette Salomon del 1867, in cui la protagonista è il prototipo della moderna modella distruttrice dell’idea romantica della musa.
Negato l’ideale, il corpo, un tempo passivo, guadagna il centro della scena, declinandosi in molteplici incarnazioni sulle quali riflettono gli artisti invitati a questa esperienza collettiva che non si limita alla pittura e all’arte figurativa ma include interventi sonori, performance, installazioni, incontri per configurarsi come un laboratorio che va oltre la forma consueta della mostra.
La modella, corpo che guarda – come recita il titolo – attraverso le opere diventa il perno di un dialogo duplice, quello con l’artista che resta segreto e quello scoperto con lo spettatore, con cui intrattiene un faccia a faccia immobile e muto, denso di ambiguità e portatore dell’enigma della rappresentazione.

Il pittore e la modella, 2017

Una mostra a tema

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"Il Pittore e la modella. Il rumore dello sguardo o il corpo che guarda", sviluppa l’esperienza di un gruppo di artisti italiani (Ermanno Cristini, Luca Scarabelli, Cesare Biratoni, Armida Gandini, Federica Pamio) che nel 2016 hanno partecipato a una residenza ad Aveiro, in Portogallo, su iniziativa di un gruppo di artisti portoghesi che lavorano prevalentemente con la pittura. E’ stato in seguito a una conversazione tra Ermanno Cristini e Simona Squadrito che l’esperienza portoghese ha centrato l’attenzione su una pratica, quella del ritratto, apparentemente poco attuale.
35 artisti indagano uno dei territori più esplorati del fare artistico.
Ciascuno di essi lo interpreta con il linguaggio che gli è proprio, partecipando a un’esperienza di mostra-laboratorio in uno spazio libero di confronto e di discussione. La mostra si articola su tre piani nei vasti spazi di Assab One con dipinti, disegni, fotografie, video, installazioni, lavori acustici e performance e prevede un calendario di incontri correlati all’esposizione che saranno segnalati durante e nei giorni successivi l’inaugurazione.
Il pittore e la modella sviluppa l’esperienza di un gruppo di artisti italiani (Ermanno Cristini, Luca Scarabelli, Cesare Biratoni, Armida Gandini, Federica Pamio) che l’anno scorso hanno partecipato a una residenza ad Aveiro, in Portogallo, su iniziativa di un gruppo di artisti portoghesi che lavorano prevalentemente con la pittura. E’ stato in seguito a una conversazione tra Ermanno Cristini e Simona Squadrito, giovane critica milanese con esperienza anche di modella, che l’esperienza portoghese ha centrato l’attenzione su una pratica, quella del ritratto, apparentemente poco attuale.
Gli incontri preliminari ad Assab One con Luca Pancrazzi, Marta Dell’Angelo e Elena Quarestani, la rara disponibilità di spazi vasti e articolati, la libertà consentita dal particolare contesto hanno aperto la possibilità di ampliare il campo di riflessione a una grande varietà di pratiche artistiche e di estendere l’invito ai numerosi artisti che partecipano alla mostra, facendone un lavoro corale che resterà aperto a successivi interventi.
Gli artisti
Pedro Andrare, Simona Barbera, Cesare Biratoni, Vincenzo Cabiati, Gianluca Codeghini, Ermanno Cristini, Leonel Cunha, Mario Dellavedova, Marta Dell’Angelo, Flavio de Marco, Alessio de Girolamo (collaborazione di Elisa Mossa), Gabriele Di Matteo, Ivana Fall, Matteo Fato, Joao Fonte, Pino Guidolotti, Armida Gandini, Giovanni Hanninen, Sebastiano Impellizzeri, Francesco Lauretta, Jorge Leal, Corrado Levi, Andrea Mastrovito, Concetta Modica, Angelo Mosca, Giancarlo Norese, Federica Pamio, Luca Pancrazzi, Giustina Pancrazzi, Pedro Pascoinho, Stefano Peroli, Steve Piccolo, Federico Pietrella, Luca Scarabelli, Carlos Seabra.
... o il rumore dello sguardo, di Ermanno Cristini
“Scorgete qualcosa?”, chiese Poussin a Porbus.
“No. E voi?”
“Nulla”
Così Balzac ne Il capolavoro sconosciuto, quasi a conferma delle parole di Celan, per il quale “dice verità chi dice ombra”. Il pittore e la modella è un topos del fare artistico; la sua verità sta nella vertigine di un corpo, quello della modella, che incontra un altro corpo, quello del pittore.
Una “catastrofe”, quella della pittura, che si consuma in un corpo a corpo nel quale i soggetti mutano di continuo. Un dialogo metamorfico e inafferrabile, insomma, che non può che risolversi nel guardare ad occhi chiusi per vedere, con Bataille, ciò che eccede la possibilità di vedere.
Così, ad ispirare questa mostra è la ricerca di “quell’altra” nudità che sta sempre oltre ogni nudità; una dimensione quasi segreta, una questione di bordi porosi e sfuocati, di limiti fraintesi, percorsi in un dialogo tra artisti impegnati a incrociare i propri sguardi attorno alla domanda: il corpo? Dov’è il corpo?
In origine v’è una residenza/mostra realizzata lo scorso anno ad Aveiro, in Portogallo, su invito di un gruppo di artisti portoghesi e per iniziativa mia, di Cesare Biratoni e di Luca Scarabelli.
A seguito di qualche conversazione che ho avuto con Simona Squadrito, un giovane critico milanese con esperienza anche di modella vivente, la mostra portoghese ha voluto affrontare un topos della pittura concentrando l’attenzione prevalentemente sulla natura “relazionale” che esso implica.
L’attuale progetto milanese, sviluppato in collaborazione con Marta Dell’Angelo, Luca Pancrazzi e Elena Quarestani ripropone il nucleo della mostra portoghese ma lo amplia con l’intervento di altri artisti e con l’intenzione di “problematizzare” il tema, irraggiando visioni e questioni in esso contenute, fino a toccare quegli aspetti, come il suono, apparentemente lontani dalla “scena” del ritratto. Il ritrovare in un’esperienza eminentemente visiva anche un’essenza sonora significa indagare il fruscio della pittura quando il corpo diventa immagine o più in generale scandagliare il rumore dello sguardo, forse perché in questa “paralisi temporanea” del vedere può manifestarsi il tocco, espressione del corpo a corpo e condizione del corpo dell’immagine in quanto rivelazione della nudità.
Vuoi bere dell'acqua prima di iniziare, di Simona Squadrito
Affinché si crei un mondo bastano pochi elementi: una sedia, una tela, un pittore e una modella.
“Come mi devo mettere? “ Era sempre questa la domanda iniziale. Un “siediti” secco era la risposta. Dopo poche battute cessi di essere amica, compagna, critica, sconosciuta. Diventi modella: un corpo in uno spazio, un oggetto complicato che parla, si muove, si annoia.
Si percepisce subito quando il piano della relazione si stravolge: il pittore cambia voce – diventa severa. Le parole cessano immediatamente d’avere una loro funzione – diventano ingombranti.La modella capisce presto che non può più aggiungere elementi. Il pittore cambia la sua voce – smette di parlare.
Le frasi si riducono a monosillabi: sì, no; diventano grugniti. Le domande cessano d’esistere.
Il pittore cambia lo sguardo: gli occhi si fanno opachi, si stringono – la distanza aumenta. La tela è in posizione, bianca. Al lato una tavola di legno incrostata di olio.
Il pittore vuole il suo oggetto, frontale – anche durante la preparazione.
La modella scompare, eppure è costretta a rimanere appoggiata alla sedia.
I gesti del pittore sono uguali, c’è sempre lo stesso rituale da seguire. Il tempo passa e ancora la tela rimane lì, tra loro – bianchissima.
Prima ancora che tutto abbia inizio, arriva la stanchezza: la modella si annoia.Distratta, si guarda in giro, cambia posizione, alza gli occhi.
«Rimani così, non ti muovere», le secche parole irrompono nella stanza, gli sguardi si incrociano.
Lo sguardo del pittore è sempre più lontano. Il pittore si fa estraneo, sfugge ai sorrisi della modella. Il pittore non vuole essere trovato.
Arriva il silenzio.
Il pittore, seduto, avvicina la sedia alla tela. La sedia sembra sempre sull’orlo di distruggersi.
Fa sempre lo stesso rumore stridulo.
Il pittore respira, guarda la modella. Il suo sguardo sembra oltrepassarla, eppure è proprio addosso a quel corpo. Il corpo della modella cessa di essere un corpo privato, un corpo-vita e si consegna al regno degli oggetti.
Il silenzio viene rotto, “Vuoi bere dell’acqua prima di iniziare?”. Il pittore cambia voce – diventa dolce. La quiete prima della tempesta.
Bisognerebbe rispondere di no: “No. Non voglio l’acqua, sto bene così”. e invece la modella risponde di sì. Sa perfettamente che non sarà facile, capisce perfettamente di trovarsi di fronte a un belva. “Sì, grazie”.
Il pittore cambia sguardo – ritorna severo, non aveva previsto l’imprevisto.
“Resta ferma, vado io”. La sedia si sposta, il rumore è più stridulo di prima.
La modella beve, e il pittore guarda impaziente il bicchiere svuotarsi.
La tela incomincia a raccogliere i segni, eppure, in contro luce, la modella non vede ancora comparire il suo corpo oggetto.
Lo spazio è il principio.
Il corpo verrà dopo, eppure già pesa la sua futura presenza all’interno della tela.
Lo spazio è tutto, è ciò che circonda il corpo, è ciò che gli dà peso.
Tutto quello che conosco della pittura ha questo principio.
Il mio sguardo, rivolto al dietro della tela, i segni che riempiono la superficie visti in contro luce, al rovescio. La tela che si fa scura, impenetrabile. Il silenzio che fa da cassa di risonanza al pennello.
Tutto quello che so sul segno ha questo principio. I segni sono prima di tutto dei suoni.
L'enigma della rappresentazione, di Rossella Moratto
Nel 1914 Picasso dipinge un quadro intitolato Il pittore e la modella. Su questo tema, tra i più frequentati nella storia dell’arte occidentale dal Rinascimento in avanti, ne realizzerà molti altri, oltre a numerosi disegni e incisioni. La tela del 1914 è un’opera figurativa, non finita: il pittore è lasciato a uno stadio di abbozzo mentre la modella, parte del quadro sul cavalletto alle sue spalle e della parete dello studio sulla quale il nudo si staglia, sono conclusi. Il pittore, la testa appoggiata a una mano, è assorto, seduto davanti alla tela e al cavalletto, mentre la modella è in piedi al centro della composizione, avvolta da un lenzuolo che lascia vedere la sua nudità; sulla destra un tavolo con un piatto di frutta, anch’essi solo disegnate.
A differenza di altre versioni, gli strumenti di lavoro – tela e cavalletto – sono in secondo piano: l’atto del dipingere, di cui questo topos è la raffigurazione simbolica qui non è centrale. Lo sono invece l’uomo e soprattutto la donna, a sottolineare la loro relazione concreta e quotidiana di amore e di sessualità. La modella, musa la cui identità reale non è importante al fine della creazione alla quale è totalmente subordinata, è nella vita una donna – amante, moglie, figlia, madre, sorella, prostituta e perfino, anche se raramente, una collega artista. La sua è una natura duplice: corpo vivente e corpo che si fa oggetto e si rivela idealmente sulla tela e nella materia.
Oltre al luogo comune che vede la relazione tra artista e modella come autoritaria – al punto da sconfinare nel sadismo da parte del pittore-Narciso spinto dal desiderio di rispecchiare se stesso nella sua opera e autorizzato a manipolare quel corpo, perfino a deformarlo – c’è un una dinamica complessa e altalenante: la modella è l’alterità necessaria all’opera, si impone come presenza, diventando protagonista e icona eternata. Alterità complice che può però diventare pericolosa acquisendo, in un rovesciamento dei ruoli, una posizione dominante, come raccontano i fratelli Goncourt nel loro celebre romanzo Manette Salomon del 1867, in cui la protagonista è il prototipo della moderna modella distruttrice dell’idea romantica della musa.
Negato l’ideale, il corpo, un tempo passivo, guadagna il centro della scena, declinandosi in molteplici incarnazioni sulle quali riflettono gli artisti invitati a questa esperienza collettiva che non si limita alla pittura e all’arte figurativa ma include interventi sonori, performance, installazioni, incontri per configurarsi come un laboratorio che va oltre la forma consueta della mostra.
La modella, corpo che guarda – come recita il titolo – attraverso le opere diventa il perno di un dialogo duplice, quello con l’artista che resta segreto e quello scoperto con lo spettatore, con cui intrattiene un faccia a faccia immobile e muto, denso di ambiguità e portatore dell’enigma della rappresentazione.
Il pittore e la modella