Affinché si crei un mondo bastano pochi elementi: una sedia, una tela, un pittore e una modella.
“Come mi devo mettere? “ Era sempre questa la domanda iniziale. Un “siediti” secco era la risposta. Dopo poche battute cessi di essere amica, compagna, critica, sconosciuta. Diventi modella: un corpo in uno spazio, un oggetto complicato che parla, si muove, si annoia.
Si percepisce subito quando il piano della relazione si stravolge: il pittore cambia voce – diventa severa. Le parole cessano immediatamente d’avere una loro funzione – diventano ingombranti.La modella capisce presto che non può più aggiungere elementi. Il pittore cambia la sua voce – smette di parlare.
Le frasi si riducono a monosillabi: sì, no; diventano grugniti. Le domande cessano d’esistere.
Il pittore cambia lo sguardo: gli occhi si fanno opachi, si stringono – la distanza aumenta. La tela è in posizione, bianca. Al lato una tavola di legno incrostata di olio.
Il pittore vuole il suo oggetto, frontale – anche durante la preparazione.
La modella scompare, eppure è costretta a rimanere appoggiata alla sedia.
I gesti del pittore sono uguali, c’è sempre lo stesso rituale da seguire. Il tempo passa e ancora la tela rimane lì, tra loro – bianchissima.
Prima ancora che tutto abbia inizio, arriva la stanchezza: la modella si annoia.Distratta, si guarda in giro, cambia posizione, alza gli occhi.
«Rimani così, non ti muovere», le secche parole irrompono nella stanza, gli sguardi si incrociano.
Lo sguardo del pittore è sempre più lontano. Il pittore si fa estraneo, sfugge ai sorrisi della modella. Il pittore non vuole essere trovato.
Arriva il silenzio.
Il pittore, seduto, avvicina la sedia alla tela. La sedia sembra sempre sull’orlo di distruggersi.
Fa sempre lo stesso rumore stridulo.
Il pittore respira, guarda la modella. Il suo sguardo sembra oltrepassarla, eppure è proprio addosso a quel corpo. Il corpo della modella cessa di essere un corpo privato, un corpo-vita e si consegna al regno degli oggetti.
Il silenzio viene rotto, “Vuoi bere dell’acqua prima di iniziare?”. Il pittore cambia voce – diventa dolce. La quiete prima della tempesta.
Bisognerebbe rispondere di no: “No. Non voglio l’acqua, sto bene così”. e invece la modella risponde di sì. Sa perfettamente che non sarà facile, capisce perfettamente di trovarsi di fronte a un belva. “Sì, grazie”.
Il pittore cambia sguardo – ritorna severo, non aveva previsto l’imprevisto.
“Resta ferma, vado io”. La sedia si sposta, il rumore è più stridulo di prima.
La modella beve, e il pittore guarda impaziente il bicchiere svuotarsi.
La tela incomincia a raccogliere i segni, eppure, in contro luce, la modella non vede ancora comparire il suo corpo oggetto.
Lo spazio è il principio.
Il corpo verrà dopo, eppure già pesa la sua futura presenza all’interno della tela.
Lo spazio è tutto, è ciò che circonda il corpo, è ciò che gli dà peso.
…
Tutto quello che conosco della pittura ha questo principio.
Il mio sguardo, rivolto al dietro della tela, i segni che riempiono la superficie visti in contro luce, al rovescio. La tela che si fa scura, impenetrabile. Il silenzio che fa da cassa di risonanza al pennello.
Tutto quello che so sul segno ha questo principio. I segni sono prima di tutto dei suoni.
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